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Le priorità della ricerca clinica nell’era dell’EBM. Studi irrilevanti e ampie zone grigie: quali soluzioni?

Editoriale

Le priorità della ricerca clinica nell’era dell’EBM. Studi irrilevanti e ampie zone grigie: quali soluzioni?
Antonino Cartabellotta

GIMBEnews 2009;4:1

Pubblicato: 5 maggio 2009

Copyright: © 2009 Cartabellotta. Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di riportare sempre autore e citazione originale.

L’assenza di metodi sistematici per sintetizzare i risultati della ricerca ha ritardato per anni l’introduzione di interventi sanitari efficaci e perpetuato l’utilizzo di trattamenti inutili o addirittura dannosi. Lo storico lavoro di Antmann et coll. (JAMA, 1992) ha dimostrato che le terapie indicate dai trattati di medicina nei pazienti con infarto del miocardio erano fortemente disallineati con la ricerca disponibile, per l’assenza di metodi sistematici per sintetizzare le evidenze disponibili. Ad esempio, all’inizio degli anni ‘90 la trombolisi veniva ancora indicata come terapia sperimentale, anche se da un decennio esistevano già inconfutabili prove di efficacia; analogamente gli antiaritmici continuavano a essere raccomandati, anche se la ricerca aveva documentato un aumento della mortalità nei pazienti trattati.

Negli ultimi anni la comunità scientifica ha gradualmente accettato - con moderato entusiasmo e notevoli perplessità - la metodologia delle revisioni sistematiche promossa e sviluppata in particolare dalla Cochrane Collaboration, il cui logo riporta un clamoroso fallimento della comunità scientifica, incapace di riconoscere una terapia efficace introdotta con notevole ritardo nella pratica clinica: gli steroidi nelle donne con parto pre-termine per ridurre complicanze neonatali e mortalità.

La progressiva diffusione delle revisioni sistematiche nelle varie aree dell’assistenza ha messo in evidenza che numerosi quesiti rilevanti per la salute pubblica vengono ignorati dai ricercatori; di conseguenza mancano robuste prove di efficacia per supportare, o meno, innumerevoli interventi sanitari. Questo “limite strutturale” dell’EBM era stato subito intuito da David Naylor che nel 1995 firmò su Lancet un articolo dal titolo inequivocabile: “Grey zones of clinical practice: some limits to evidence-based medicine”. Anche se è difficile stimare il gap tra le necessità di salute pubblica e le evidenze disponibili, il quadro che emerge da alcuni studi è poco rassicurante. Tallon et coll. (Lancet, 2000) hanno valutato se la ricerca sull’artrosi del ginocchio risponde alle necessità di pazienti e professionisti: quattro focus group (pazienti, reumatologi, fisioterapisti e medici generalisti) riconoscono che un numero eccessivo di trial sponsorizzati dall’industria continua a confrontare inutilmente FANS e placebo. Questi studi dominano il panorama della ricerca, mentre i pazienti preferirebbero valutazioni più rigorose di interventi chirurgici e fisioterapici, oltre che di strategie educazionali e di self-management utili per gestire una malattia cronica, fortemente sintomatica e spesso invalidante.

In altri casi, anche se le research questions sono apparentemente rilevanti, gli outcome misurati sono di dubbia rilevanza clinica e/o poco importanti per i pazienti. Ad esempio, un gruppo di reumatologi lanciò nel 1992 il progetto internazionale OMERACT per standardizzare quali outcome misurare nell’artrite reumatoide. Dal tardivo coinvolgimento attivo di gruppi di pazienti (J Rheumatol, 2005) è emerso a sorpresa che, secondo la loro prospettiva, il dolore non è il sintomo dominante, mentre al top della hit-parade c’è l’astenia, completamente ignorata dai reumatologi. Pertanto anche se i ricercatori dovrebbero orientare le research questions sui bisogni di pazienti e professionisti, non è ancora chiaro come prendere in considerazione il loro punto di vista in un panorama della ricerca dove “incentivi perversi” decidono quale ricerca deve essere condotta (e pubblicata!).

In conclusione, alcuni suggerimenti pratici per i ricercatori che - oltre che pubblicare - hanno l’obiettivo di produrre evidenze scientifiche rilevanti per la salute pubblica aumentando il valore sociale della propria ricerca: