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Attuare il governo clinico nelle aziende sanitarie. Il modello organizzativo GIMBE tra normative, evidenze, esperienze (I)

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Attuare il governo clinico nelle aziende sanitarie. Il modello organizzativo GIMBE tra normative, evidenze, esperienze (I)
Antonino Cartabellotta

GIMBEnews 2010;2:5-6

Pubblicato: 15 maggio 2010

Copyright: © 2010 Cartabellotta. Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di riportare sempre autore e citazione originale.

Nel marzo 2009, sviscerando il vero significato di Clinical Governance, GIMBEnews ha analizzato il testo del Ddl “Princìpi fondamentali in materia di governo delle attività cliniche” e identificato le proposte che favoriscono l’attuazione del governo clinico (GC), quelle che rischiano di contrastarla e quelle, di fatto, estranee.

Nel testo rielaborato dalla XII commissione - che lo scorso 6 maggio ha subìto l’ennesima battuta d’arresto - all’art. 1, comma 3 si legge che “Il governo delle attività cliniche garantisce il modello organizzativo idoneo a rispondere efficacemente alle esigenze degli utenti e dei professionisti del SSN, attraverso l’integrazione degli aspetti clinico-assistenziali e di quelli gestionali relativi all’assistenza al cittadino, salvaguardando il miglioramento continuo della qualità e nel rispetto dei principi di equità e universalità nell’accesso ai servizi”. Tuttavia, immaginando l’applicazione pratica dei “buoni propositi” della politica sanitaria nazionale, oggi è utopistico definire un modello organizzativo unitario per l’attuazione del GC, sia per la diversa mission delle aziende sanitarie, sia per il differente peso del GC nei 21 Piani Sanitari Regionali/Provinciali.

Da alcuni anni GIMBE ha definito e progressivamente ritoccato un modello organizzativo per l’attuazione del GC nelle aziende sanitarie (box). Tale modello si articola in dieci punti che derivano da un ragionevole compromesso tra la valutazione dei riferimenti normativi nazionali e regionali in tema di GC, le evidenze scientifiche, prevalentemente internazionali, sull’attuazione del GC e l’esperienza del GIMBE nella realizzazione di progetti aziendali di GC, con storie di successo e clamorosi fallimenti, entrambi condizionati dal modello organizzativo aziendale.

Un po’ di storia...

I dieci punti del modello organizzativo GIMBE:
Sono estratti dal Position Statement “Il Governo Clinico nelle Aziende Sanitarie”, pubblicato nel febbraio 2006 e giunto alla quarta revisione.
Sono stati progressivamente modificati e integrati con i commenti di oltre 500 professionisti che hanno partecipato a workshop GIMBE sul GC.
Saranno oggetto di discussione e condivisione in una Convention Nazionale, destinata ai direttori sanitari d’Azienda, “Clinical Governance e Management Aziendale: sostenibilità delle innovazioni organizzative nell’era del federalismo sanitario”.


1. Una struttura dipartimentale adeguata costitui-sce il pre-requisito organizzativo fondamentale per la piena attuazione del GC in un’Azienda Sanitaria.

La legittimazione dell’organizzazione dipartimentale quale “modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività delle aziende” è avvenuta nelle diverse Regioni e aziende con modalità e tempi diversi. In assenza di un quadro analitico di riferimento è possibile identificare tre scenari principali.

  • Aziende che non hanno ancora istituito i dipartimenti.
  • Aziende con dipartimenti “anatomicamente presenti, ma fisiologicamente non funzionanti”. In queste organizzazioni, il budget viene discusso dai direttori di struttura e generalmente il Collegio di Direzione (CdD) non ha ancora assunto tutti i ruoli e le responsabilitĂ  previste.
  • Aziende con dipartimenti gestionali: la concertazione del budget viene discussa dai direttori di dipartimento; il CdD assolve ai compiti assegnati dalla normativa e in alcune Regioni è giĂ  organo dell’azienda.

A questo panorama estremamente variegato si aggiungono due elementi di ulteriore complessità: l’instabilità della composizione dipartimentale - spesso conseguente all’avvicendamento di una nuova direzione - e l’estrema eterogeneità di alcuni dipartimenti che “faticano” a identificare obiettivi, progetti e indicatori comuni di GC.

In sintesi, “struttura dipartimentale adeguata” deve essere intesa come “presenza di dipartimenti gestionali il più possibile omogenei”.

2. Considerato il frequente insuccesso dei progetti di GC attuati esclusivamente con modalità top-down, è indispensabile prevedere anche le modalità bottom-up.

Consolidate evidenze scientifiche internazionali e preliminari esperienze regionali e aziendali confermano il principio che il GC non può essere imposto dall’alto o dall’esterno, ma consegue all’interazione di numerosi attori che si autogovernano, influenzandosi reciprocamente. In base a tale principio, se spetta all’Azienda - spesso su input regionale - identificare gli obiettivi generali di GC, alla definizione dei progetti e degli indicatori correlati devono giocare parte attiva i professionisti: infatti “because clinicians are at the core of clinical work, they must be at the heart of clinical governance” (Degeling et coll. BMJ, 2004). Ovviamente, ciò è condizionato dalla capacità dell’Azienda di permeare tutti i livelli dell’organizzazione con la cultura e gli strumenti di GC.

3. L’attuazione del GC con modalità bottom-up richiede la costituzione di reti multiprofessionali per il GC, quali unità funzionali di supporto metodologico ai progetti di GC.

Se la definizione degli obiettivi aziendali di GC è relativamente semplice, le difficoltà emergono nella pianificazione, conduzione e verifica, con adeguati indicatori, dei progetti correlati. Considerato che le attività cliniche si svolgono nei dipartimenti e nelle UU.OO. la clinical governance non può che esercitarsi a tali livelli. In altri termini, se a livello regionale vengono fornite le linee generali di indirizzo di GC, a livello aziendale definiti gli obiettivi di GC, a livello dipartimentale e delle UU.OO. devono essere attuati i progetti correlati.

Per raggiungere questi obiettivi, è necessario chiedersi: “chi gestisce a livello dipartimentale e delle UU.OO. attività e progetti di GC?” Gli uffici di staff generalmente esercitano un’attività di coordinamento generale, ma necessitano di una rete professionale nelle aree clinico-assistenziali. Secondo il modello GIMBE (figura):

  • Inizialmente, dovrebbe essere costituita la rete dipartimentale dei referenti di GC e, in una seconda fase, quella dei referenti di GC di UO. Idealmente per ciascun dipartimento e per ciascuna UO dovrebbe far parte della rete un medico e un professionista dell’area assistenziale.
  • Nelle aziende territoriali le reti dovrebbero essere sempre innestate sulle strutture organizzative esistenti: dipartimenti di cure primarie, nuclei di cure primarie.
  • L’azienda dovrebbe riconoscere formalmente il ruolo dei referenti della rete di GC e, se possibile, prevedere l’istituzione di ore dedicate.

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Il modello GIMBE rispetta alcuni principi fondamentali: sovrappone una “rete tecnica” all’organizzazione dipartimentale; assegna agli uffici di staff il ruolo di coordinamento delle attività delle reti; permette, grazie alla rete dei referenti di GC di UO (non riportata in figura), di ottenere una capillare diffusione della cultura e degli strumenti di GC a tutti i livelli assistenziali.

4. Le competenze metodologiche delle reti per il GC coincidono con gli obiettivi di processo e di sistema previsti dal Nuovo Sistema di Formazione Continua in Medicina.

Accanto agli obiettivi tecnico-professionali, la nuova ECM identifica gli obiettivi di processo e di sistema quali “attività e procedure idonee a promuovere il miglioramento della qualità, efficienza, efficacia, appropriatezza e sicurezza”. Per raggiungere questi obiettivi, che integrano la formazione continua con la qualità dell’assistenza sanitaria, è necessario diffondere gli strumenti principali di GC, elencati nelle “aree di riferimento” della nuova ECM: costruzione e implementazione di percorsi assistenziali; pianificazione, conduzione, analisi e reporting di audit clinici; definizione di un set multidimensionale di indicatori di qualità; attuazione di programmi di gestione del rischio.

5. Per ottimizzare il coordinamento di reti e progetti di GC, gli uffici di staff strettamente connessi dovrebbero essere sottoposti a un processo di qualificazione, riorganizzazione, razionalizzazione e integrazione.

Nelle aziende sanitarie sono presenti numerose risorse strutturali e professionali con ruoli e funzioni finalizzati all’attuazione del GC: sono gli uffici di staff, sempre più frequentemente UU.OO. e talora denominate tecnostrutture. Accanto all’eterogeneità delle loro denominazioni e al numero spesso eccessivo, gli uffici di staff presentano alcuni limiti comuni: competenze disparate e non standardizzate, profili di responsabilità poco definiti, scarso livello di integrazione, variabilità della direzione di riferimento.

Secondo il modello organizzativo GIMBE tali strutture dovrebbero rivestire un ruolo cruciale, perchè rappresentano il “raccordo tecnico” (figura) tra gli obiettivi di GC definiti dalla direzione aziendale e la loro attuazione a livello delle aree clinico assistenziali. Anche se il numero di uffici di staff finalizzati al coordinamento e monitoraggio di attività e progetti di GC sono numerosi, due rivestono un ruolo chiave: l’UO Qualità (in alcune aziende già “ribattezzata” UO Governo Clinico) e l’UO Formazione. E’ fondamentale che queste due UU.OO. agiscano in maniera sinergica, anche alla luce di quanto previsto dalla nuova ECM che, con gli obiettivi di processo e di sistema, si propone di misurare e migliorare continuamente la qualità dell’assistenza, fine ultimo anche del GC. In linea con modelli internazionali, le UU.OO. di staff finalizzate al GC dovrebbero essere idealmente aggregate in una UO complessa in grado di attuare tutti gli strumenti di GC in un’ottica di sistema, configurando l’umbrella of clinical governance.

(continua nel prossimo numero)