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Sospendere i farmaci negli anziani: un approccio evidence-based

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Sospendere i farmaci negli anziani: un approccio evidence-based
Antonino Cartabellotta

Evidence 2013;5(11): e1000062 doi: 10.4470/E1000062

Pubblicato: 20 novembre 2013

Copyright: © 2013 Cartabellotta. Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di riportare sempre autore e citazione originale.

Nei soggetti anziani di età ≥ 65 anni è indispensabile minimizzare i rischi conseguenti a prescrizioni farmacologiche inappropriate, tenendo conto sia dei principi di appropriatezza pescrittiva, sia dei numerosi drivers della polifarmacoterapia negli anziani (box). Le evidenze scientifiche documentano infatti che questa è una priorità rilevante per ridurre il rischio clinico. Nell’arco di cinque anni un anziano su quattro viene ospedalizzato per problematiche conseguenti ai farmaci assunti (1), determinando oltre il 10% di tutti i ricoveri in questa popolazione (2), di cui il 30-55% potrebbe essere evitato (3,4). Inoltre, nella popolazione generale, tra i pazienti che assumono almeno cinque farmaci, un terzo sperimenta ogni anno una reazione avversa - adverse drug reaction (ADR) - di cui oltre il 25% è evitabile (5). Ancora, sino al 18% dei decessi ospedalieri sono attribuibili in parte a ADR (6); infine, al 44% dei pazienti dimessi dall’ospedale viene prescritto almeno un farmaco non necessario.

Box. I sei fenotipi di non-compliance alla terapia farmacologica

  • Pletora di linee guida specifiche per ciascuna patologia, spesso inapplicabili a pazienti anziani con multiple comorbidità.
  • Indicatori di qualità e meccanismi incentivanti (pay-for-performance) derivati dalle stesse linee guida.
  • Eccessive aspettative di pazienti e familiari.
  • Limitate conoscenze di farmacologia e tossicologia geriatrica, da parte dei medici.
  • Attenzione terapeutica concentrata sulla condizione acuta, trascurando la rivalutazione dei farmaci già prescritti per patologie croniche.
  • ADR interpretate erroneamente come nuove malattie da trattare con ulteriori farmaci.

Una guida per la de-prescription negli anziani
Seguendo i criteri di appropriatezza, bisognerebbe prescrivere solo farmaci supportati da robuste prove di efficacia ed evitare di prescrivere quelli dall’efficacia dubbia o nulla, dal profilo rischi-benefici sfavorevole o contrari alle preferenze del paziente. Tuttavia, le linee guida non forniscono raccomandazioni cliniche per decisioni complesse e difficili, quali la sospensione dei farmaci negli anziani con comorbidità o la prescrizione di nuove molecole. Per tale ragione, Ian Scott et coll. hanno formulato una guida evidence-based in 10 step alla de-prescription, intesa come un approccio pro-attivo alla sospensione dei farmaci nei soggetti anziani (9) (figura 1). La validità di questo strumento, al momento, è stata confermata solo in un gruppo non selezionato di medici le cui decisioni prescrittive su un caso clinico simulato sono cambiate applicando questa guida (10). In generale, quando si interrompono farmaci potenzialmente inappropriati, bisogna tenere conto di vari aspetti.

  • Il medico deve accertarsi accuratamente di tutti i farmaci assunti dal paziente, incluse le medicine complementari e i farmaci non soggetti a obbligo di ricetta. Limitate evidenze suggeriscono che il metodo del brown paper bag è il modo migliore per riconciliare i farmaci: il paziente, in occasione del consulto medico, deve portare in un sacchetto tutti i medicinali assunti. Inoltre, rivolgere domande specifiche per indagare eventuali problemi di non-compliance aiuta ad identificare i farmaci che possono essere stati sospesi.
  • I pazienti a rischio maggiore di ADR sono quelli a cui viene prescritto il numero più elevato di farmaci (82% di rischio per chi assume ≥ 7 farmaci) o che assumono antitrombotici, insulina, ipoglicemizzanti orali, farmaci cardiovascolari o per il sistema nervoso centrale, ad alto rischio di eventi avversi.
  • I medici devono identificare segni di pre-esistente tossicità farmacologica (cadute, confusione mentale, letargia), spesso impropriamente attribuiti all’età avanzata.
  • Stimare l’aspettativa di vita di un paziente è indispensabile per definire gli obiettivi terapeutici e il potenziale vantaggio a lungo termine di numerosi farmaci preventivi. Per i pazienti con aspettativa di vita limitata (= 12 mesi) a causa di fragilità, demenza in fase avanzata, neoplasie metastatiche, insufficienze d’organo allo stadio finale dovrebbero essere definiti obiettivi assistenziali più conservativi, orientando le loro preferenze a ridurre l’impatto farmacologico. In particolare, i pazienti con limitata aspettativa di vita difficilmente traggono vantaggio dai farmaci i cui benefici si manifestano dopo più di un anno, quali ad esempio la terapia con bifosfonati (per la prevenzione delle fratture da osteoporosi) o con statine (per la prevenzione di eventi cardiovascolari).
  • Anche nel caso di farmaci prescritti per curare patologie attive, occorre sempre verificare le diagnosi perchè negli anziani sintomi e segni possono manifestarsi in maniera insolita. Di fronte a malattie diagnosticate erroneamente o non più attive, le corrispondenti terapie farmacologiche dovrebbero essere sospese. Ad esempio, studi trasversali suggeriscono che insufficienza cardiaca, morbo di Parkinson e depressione - patologie ad elevata prevalenza negli anziani - vengono spesso attribuite in assenza di oggettivi criteri diagnostici (12).
  • Anche in presenza di chiare indicazioni, recenti studi hanno messo in dubbio negli anziani la sicurezza dei regimi farmacologici aggressivi treat-to-target per malattie quali diabete e ipertensione. Il rischio assoluto legato a una patologia deve essere riconciliato con quello delle ADR usando score validati, come ad esempio il CHADS2 per valutare il rischio di stroke tromboembolico nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare e lo score HAS-BLED per valutare il rischio di emorragia maggiore da anticoagulanti.
  • L’utilità di un farmaco si colloca in un continuum tra due estremi: da utilità elevata (benefici provati e misurabili in tutti i pazienti anziani virtualmente eleggibili, facilità di somministrazione e monitoraggio, potenziali effetti avversi limitati) a bassa utilità (indicazioni discutibili, difficoltà di somministrazione e monitoraggio, elevato rischio di effetti avversi in molti o addirittura tutti i pazienti). Quando l’utilità di un farmaco non si identifica con uno dei due estremi, deve essere valutata caso per caso seguendo la guida di Scott et coll. (figura 1) e i criteri della tabella 2, in quanto anche strumenti di screening validati - come i criteri di Beers aggiornati (14) o lo strumento STOPP (15) - non sono in grado di identificare tutti i farmaci a bassa utilità.
  • L’ultima parola spetta sempre al paziente o, nei casi previsti, al suo rappresentante legale. Anche per farmaci apparentemente efficaci con indicazioni valide e rischio basso o nullo di effetti avversi, i pazienti anziani ritengono più importante evitare effetti collaterali a breve termine che influenzano negativamente le funzioni cognitive, fisiche e emotive – anche se non frequenti – rispetto ai potenziali benefici sul rischio futuro di malattia (16).
  • All’aumentare del numero dei farmaci prescritti, aumenta sia il rischio di potenziali ADR, sia la probabilità di non compliance (sino a 85%) (17). Una volta condiviso con il paziente il processo di de-prescription, i farmaci selezionati possono essere sospesi, o gradualmente ridotti, uno alla volta, mantenendo uno stretto monitoraggio per verificare eventuali recidive della malattia o l’insorgenza di sindromi da astinenza o da rebound (7). La tabella 1 riporta i farmaci che richiedono una disassuefazione graduale nel tempo.

Evidenze sulla sospensione dei farmaci
Negli ultimi anni sono emerse evidenze che supportano l’approccio proattivo alla sospensione dei farmaci. In un trial che ha arruolato 119 pazienti anziani disabili, grazie a un algoritmo sono stati sospesi 332 farmaci diversi (media 2.8 farmaci/paziente), determinando una riduzione della mortalità a 12 mesi (21% vs 45%), dell’ospedalizzazione (12% vs 30%) e della spesa farmacologica (18). Un altro studio basato sullo stesso algoritmo ha coinvolto 70 pazienti anziani residenti in comunità ai quali era prescritta una media di 7.7 farmaci, di cui il 58% è stato interrotto con un tasso di successo dell’81% senza effetti avversi a lungo termine e con il 90% di pazienti che hanno sperimentato un miglioramento complessivo della propria salute (19).

Starner et coll. hanno utilizzato i dati relativi alle richieste di rimborso Medicare negli USA per identificare i pazienti con prescrizioni farmacologiche inappropriate: i feedback di avvertimento inviati ai medici prescrittori hanno portato, nei successivi 6 mesi, all’interruzione del 49% di questi farmaci (20). Nello studio di Graves et coll. oltre il 50% dei farmaci prescritti ai pazienti anziani sono stati interrotti o ridotti in termini di dosaggio senza gravi effetti indesiderati (21). Analogamente, in quello di Lindström et coll. - condotto su 119 residenti in casa di cura - la sospensione degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina è stata effettuata con successo nel 52% dei pazienti a seguito di un processo di revisione strutturata del farmaco (22).

Un trial randomizzato ha mostrato una significativa riduzione del numero di farmaci e un trend di diminuzione delle cadute nei pazienti i cui trattamenti erano stati rivisti dai farmacisti utilizzando i criteri STOPP (23). In una revisione sistematica, dopo l’interruzione dei farmaci antipertensivi, il 20-85% dei pazienti sono rimasti normotesi senza incremento della mortalità(24), mentre un’altra revisione dimostra che l’interruzione di trattamenti psicotropi si associa a una riduzione delle cadute e al miglioramento delle funzioni cognitive (25). Altre revisioni sistematiche di trial clinici relativi alla de-prescription riportano l’efficacia di varie strategie: revisione dei trattamenti da parte di farmacisti clinici, programmi educazionali e reminder rivolti ai medici prescrittori, visite educazionali, valutazioni geriatriche omnicomprensive, conferenze multidisciplinari e interventi centrati sul paziente (26-28).

Conclusioni
Negli ultimi anni sono in costante aumento le evidenze che supportano un approccio proattivo alla de-prescription dei farmaci negli anziani e anche se nella pratica quotidiana esistono numerosi ostacoli si possono trovare diverse strategie per superarli. Nelle consultazioni quotidiane tra medici e pazienti, bisognerebbe cogliere l’opportunità di identificare i pazienti ad alto rischio di danno da politerapia e rivalutare la necessità di specifici farmaci. Per ogni paziente ad alto rischio, bisognerebbe provare a riconciliare aspettativa di vita, impatto delle comorbidità, obiettivi assistenziali e preferenze del paziente con i rischi e i benefici dei trattamenti. I farmaci che in questo processo di riconciliazione risultano apportare benefici limitati o nulli e/o rischi eccessivi dovrebbero essere sospesi, sia per migliorare la sicurezza dei pazienti sia per evitare ingenti sprechi di risorse.