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Qualità di vita del malato terminale e sostenibilità delle cure palliative: l’integrazione tra sanità pubblica e privato sociale

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Qualità di vita del malato terminale e sostenibilità delle cure palliative: l’integrazione tra sanità pubblica e privato sociale
Raffaella Pannuti

Evidence 2015;7(9): e1000118 doi: 10.4470/E1000118

Pubblicato: 3 settembre 2015

Copyright: © 2015 Pannuti. Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di riportare sempre autore e citazione originale.

Il 6° e il 7° “Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici” della Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (F.A.V.O) hanno segnalato che il numero dei malati oncologici in Europa è in continua crescita, coinvolgendo una popolazione di circa 10 milioni di persone (1,2). Il costante incremento del numero dei pazienti oncologici si associa a un incremento dei costi socio-sanitari che, secondo uno studio congiunto dell’Università di Oxford e del King’s College di Londra, si aggirano attorno ai 126 miliardi di euro, equamente ripartiti fra Stato e privati cittadini (3). Infine, parallelamente all’incremento dei casi, si osserva un aumento della sopravvivenza a 5 anni, dato confermato anche nel nostro Paese dall’ultimo rapporto dell’Associazione italiana dei registri tumori (AIRTUM) (4). In Italia, infatti, il 27% dei pazienti oncologici presenta un’aspettativa di vita paragonabile a quella di persone non affette da tumore. Questi dati, uniti ad un progressivo invecchiamento della popolazione, evidenziano come sempre più persone, soprattutto nella fase della terza e della quarta età, siano costrette a convivere quotidianamente con patologie cronico-degenerative (cancro, malattie cardiovascolari, neurodegenerative, etc.) che li conducono a gravi forme di fragilità e non autosufficienza. In questo scenario, compete al Servizio Sanitario Nazionale soddisfare, attraverso piani di cura appropriati e sostenibili, tali bisogni assistenziali emergenti.

L’assistenza domiciliare, intesa come presa in carico integrata, multiprofessionale e dedicata, si sta proponendo come uno degli strumenti più efficaci e attuali per rispondere a queste esigenze. Negli ultimi anni, numerosi studi nel campo oncologico e delle cure palliative hanno segnalato che l’home care comporta una netta riduzione dei costi, un aumento significativo delle probabilità di decesso al domicilio, una aumentata soddisfazione dei pazienti e delle famiglie rispetto al fine vita e una riduzione degli accessi ospedalieri (5-8).

Nella realtà italiana, il settore delle cure palliative mostra in modo più evidente di altri il ruolo ricoperto dalle organizzazioni no-profit, impegnate attivamente in quest’ambito da più trent’anni. Proprio al contributo del privato sociale si deve lo sviluppo delle cure palliative negli ultimi decenni, prima sul campo e poi, in modo più strutturato, attraverso una formalizzazione legislativa avviata dalla L. 38 del 2010 e sancita dall’Accordo Stato-Regioni del luglio 2012.

L’esperienza della Fondazione ANT, che dal 1985 ad oggi ha assistito oltre 106.000 pazienti affetti da tumore, in 20 sedi distribuite in 9 regioni italiane, rende questa realtà il più vasto, capillare e duraturo esempio nazionale di assistenza domiciliare gratuita erogata da una Onlus nell’ambito delle cure palliative e della terapia del dolore per i pazienti oncologici. L’intero progetto assistenziale si fonda sui valori etici e morali di solidarietà riassunti nel concetto di eubiosia, in greco “insieme delle qualità che conferiscono dignità alla vita” (9). Infatti, i 4.200 pazienti assistiti quotidianamente possono usufruire di una presa in carico integrata, sistematica e coordinata, grazie ad équipe sanitarie multidisciplinari composte da medici, infermieri e psicologi che li assistono e li accompagnano 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno, fornendo cure idonee e proporzionali alla loro condizione clinica (10). La tutela e la promozione della qualità di vita dei pazienti presi in carico da ANT viene sostenuta anche da una serie di servizi sociosanitari che vanno dalle cure igieniche al cambio biancheria, dal servizio biblioteca e cineteca domiciliare fino al trasporto gratuito del malato dal domicilio alle strutture ospedaliere. La qualità dell’assistenza offerta è confermata dall’elevato grado di soddisfazione espresso attraverso un questionario di valutazione del servizio che viene compilato dalle famiglie circa un mese dopo l’exitus del paziente. Per quanto riguarda il 2014 infatti, più dell’80% degli intervistati hanno indicato una completa soddisfazione per il servizio offerto loro da ANT (10).

Per quanto riguarda gli aspetti economici, la presa in carico ANT di un paziente oncologico richiede un costo complessivo di circa € 2.100, per un arco temporale di 100 giorni. Tenendo conto che, secondo le stime riportate recentemente dal Dott. Carlo Peruselli (Presidente della Società italiana di Cure Palliative), il costo di una giornata di degenza in una struttura dedicata alle cure palliative (hospice) è di € 250-300 e quello di una giornata di ricovero in un ospedale pubblico è di circa € 471, risulta evidente il risparmio che ne deriva (11).

Se non è semplice valutare con precisione il risparmio economico per la collettività derivante dall’impegno socio-sanitario di ANT, anche per la difficoltà di reperimento dei dati relativi ai costi della salute pubblica, possiamo tuttavia fornire due spunti di riflessione. Il primo parte dall’ipotesi che i circa 10.000 pazienti assistiti da ANT nel 2014, siano invece in carico al servizio pubblico in regime di assistenza domiciliare integrata (ADI), con un costo per paziente identico a quello della Onlus, ipotesi assai stimolante ma di difficile realizzazione. In questo caso, contribuendo il servizio pubblico, attraverso le convenzioni, solo per il 16% dei proventi di ANT, i costi del SSN da sostenere risulterebbero complessivamente superiori a 19 milioni di euro.

Il secondo spunto si riferisce invece alla percentuale di pazienti oncologici assistiti da ANT che decedono a domicilio (12). Questa percentuale pari all’80%, se confrontata con i dati ISTAT che indicano un tasso nazionale attorno al 58%, permette di ipotizzare che, in assenza dell’assistenza ANT, il restante 22% di malati oncologici morirebbe in ospedale o in altre strutture residenziali. Applicando queste percentuali ai 5.447 pazienti ANT deceduti nel 2014 risulterebbe che senza l’assistenza ANT 1.198 di questi decessi avverrebbero in una struttura residenziale: ipotizzando quindi un ricovero medio antecedente al decesso di circa 6 giorni, ciò comporterebbe per il SSN una spesa ulteriore di circa € 1.650 per paziente deceduto in hospice oppure di circa € 2.826 per paziente deceduto in ospedale.

Alla luce di questi dati, l’invito rivolto a politici e decisori è quello di riflettere sulla potenziale entità dei risparmi legati all’implementazione di programmi di assistenza domiciliare più capillari ed estesi sul territorio nazionale, in un’ottica di una sanità futura che possa rispondere ad indispensabili criteri di sostenibilità e di elevata efficacia fruibile della cittadinanza. Il passo successivo in questa direzione dovrebbe prevedere la definizione una normativa nazionale rispetto agli standard di qualità, in modo da proseguire nel processo di accreditamento delle reti così da identificare in modo chiaro le strutture che possano erogare cure palliative adeguate. Infatti, osservando il panorama attuale delle cure palliative in Italia, possiamo affermare che le reti assistenziali esistono e si stanno consolidando, ma devono essere potenziate e per farlo è necessario che tutti i soggetti coinvolti, strutture pubbliche e private ma anche regioni e sistema sanitario, lavorino insieme da un lato per definire in modo più puntuale gli standard assistenziali e dall’altro per strutturare i servizi al fine di soddisfare i criteri qualitativi e quantitativi identificati. Per questo è necessario ripensare all’assistenza, proponendo sempre di più un’integrazione fra servizio pubblico e no-profit in un’ottica di sussidiarietà circolare che permetta di affrontare le sfide attuali e future.