Home Articoli
Governo Clinico o Clinical Governance? Leggendo tra le righe del nuovo Ddl sul tema

Editoriale

Governo Clinico o Clinical Governance? Leggendo tra le righe del nuovo Ddl sul tema
Antonino Cartabellotta

GIMBEnews 2009;3:1

Pubblicato: 31 marzo 2009

Copyright: © 2009 Cartabellotta. Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di riportare sempre autore e citazione originale.

Il 19 febbraio è stato presentato alla Commissione Affari Sociali della Camera il testo unificato sui “Principi fondamentali in materia di governo delle attività cliniche per una maggiore efficienza e funzionalità del Servizio sanitario nazionale”, dove si legge che “la clinical governance costituisce il modello organizzativo idoneo a rispondere efficacemente alle esigenze degli utenti e di tutti i professionisti impegnati nel SSN”. Dopo i tentativi naufragati nelle precedenti legislature, una simile dichiarazione di intenti lascia ben sperare, a condizione che il Ddl definisca gli aspetti cruciali per una reale attuazione della clinical governance (CG) nella sanità italiana.

Nei documenti di programmazione sanitaria, la tentazione di tradurre governance in “governo” è sempre stata molto forte, determinando inevitabili distorsioni che si riflettono negativamente sia sulla normativa, sia sulla percezione della CG da parte di professionisti e manager. In realtà, il termine governance deve intendersi come la gestione dei processi di consultazione e concertazione per il raggiungimento degli obiettivi; in tal senso, la CG non può essere imposta dall’alto o dall’esterno, ma consegue all’interazione di numerosi attori che si autogovernano, influenzandosi reciprocamente. Il termine governo (government) definisce invece il potere normativo esercitato dalle istituzioni: purtroppo, anche questa volta gli estensori del Ddl sono “caduti in tentazione”, parlando di “governo delle attività cliniche”!

Alla luce del reale significato di CG, quali proposte del Ddl ne favoriscono l’attuazione, quali rischiano di contrastarla e quali sono di fatto estranee?

Pro Clinical Governance

  • Il Collegio di Direzione (CdD) diventa organo dell’Azienda e concorre alla pianificazione strategica, alla valutazione dei risultati in relazione agli obiettivi, alla programmazione e valutazione delle attività tecnico-sanitarie. Inoltre, esprime parere obbligatorio al direttore generale (DG) su: atto aziendale, programmi di ricerca e formazione, obiettivi della contrattazione integrativa aziendale, piano aziendale di formazione.
  • Inserimento nel CdD di rappresentanti del settore infermieristico e tecnico-sanitario.
  • Legittimazione dell’organizzazione dipartimentale quale “modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività delle aziende”, con relativa penalizzazione economica del DG in caso di mancata attuazione.
  • Legittimazione del comitato di dipartimento per la “programmazione, realizzazione, monitoraggio e verifica delle attività dipartimentali”.
  • Definizione di specifiche responsabilità per i direttori di dipartimento finalizzate a “garantire che ogni assistito abbia accesso ai servizi secondo i principi di ottimizzazione dell’uso delle risorse, di appropriatezza clinica e organizzativa, di efficacia delle prestazioni in base alle evidenze scientifiche, di minimizzazione del rischio di effetti indesiderati e di soddisfazione dei cittadini”.

Contro Clinical Governance

  • Affollamento del CdD con alcune figure che, rappresentando specifiche posizioni o categorie professionali, rischiano di subordinare il principio della funzionalità aziendale alla rappresentatività di categoria: componente elettiva (tre direttori di UO complessa non direttori di dipartimento, due dirigenti medici di I livello), rappresentanti di medici specialisti ambulatoriali convenzionati interni, medici convenzionati, medico veterinario.
  • Modalità di valutazione dei dirigenti medici di struttura complessa e dei direttori di dipartimento limitate a “quantità di prestazioni sanitarie prodotte [...] e valutazione delle strategie adottate per il contenimento dei costi”. Ancora una volta l’efficienza rimane orfana di indicatori di qualità professionale (sicurezza, efficacia, appropriatezza), peraltro già identificati tra le responsabilità dei direttori di dipartimento!
  • Deregulation della libera professione medica (inclusa la contrattazione privatistica di onorari e tariffe) e via libera all’intramoenia anche per gli infermieri.

Estranee alla Clinical Governance

  • Requisiti e criteri di valutazione dei direttori generali.
  • Criteri per la nomina dei direttori di UO complessa.
  • Limiti di età e pensionamenti.