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Audit clinico: questo sconosciuto (III). Efficacia, reporting e percezioni professionali

Review

Audit clinico: questo sconosciuto (III). Efficacia, reporting e percezioni professionali
Antonino Cartabellotta

GIMBEnews 2009;7:4-5

Pubblicato: 15 dicembre 2009

Copyright: © 2009 Cartabellotta. Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di riportare sempre autore e citazione originale.

L’ultima puntata della “saga” riporta le prove di efficacia dell’audit clinico quale strategia per modificare i comportamenti professionali, definisce uno schema di reporting e riassume le percezioni dei professionisti relativamente a vantaggi/svantaggi e a barriere/fattori facilitanti.

1. Efficacia

L’obiettivo primario dell’audit clinico è quello di monitorare la qualità dell’assistenza in termini di processi e, se possibile, di esiti. Risulta efficace anche per modificare la pratica professionale e migliorare gli esiti assistenziali? In altri termini, è solo uno strumento di monitoraggio o anche una strategia di implementazione? Considerato che l’efficacia dell’audit nel modificare i comportamenti professionali è strettamente connessa al feedback periodico fornito ai professionisti, la strategia di implementazione viene formalmente definita audit and feedback.

La revisione sistematica condotta dal Cochrane Effective Practice and Organisation of Care Group (Cochrane Database Syst Rev, 2006) include 118 trial controllati e randomizzati che hanno valutato l’efficacia dell’audit and feedback nel modificare i comportamenti professionali, in particolare l’appropriatezza prescrittiva di test diagnostici e trattamenti. La Cochrane review conclude che l’audit and feedback è una strategia di implementazione di efficacia variabile, con effetti sulla pratica professionale di entità minima-moderata. L’efficacia relativa aumenta quando l’aderenza iniziale agli standard è bassa e quando il feedback viene fornito ai professionisti con maggiore frequenza. E’ verosimile che un maggior coinvolgimento attivo dei professionisti nella pianificazione-conduzione dell’audit e una maggiore definizione delle loro responsabilità potrebbe aumentarne l’efficacia.

Implicazioni pratiche: l’audit clinico - strumento insostituibile per monitorare la qualità assistenziale - può contribuire a modificare i comportamenti professionali nell’ambito di un piano di implementazione multifattoriale. Pertanto, chi deve promuovere interventi per migliorare la pratica professionale non può affidarsi esclusivamente all’audit and feedback.

2. Reporting

Il feedback fornito ai professionisti costituisce elemento integrante dell’audit, in misura tale da condizionarne l’efficacia sulla modifica dei comportamenti. Pertanto, le modalità di redazione dell’audit report devono essere standardizzate, per evitare sia di trascurare informazioni rilevanti, sia di fornire dettagli superflui.

Come scrivere l’audit report
1. Frontespizio. Riportare l’organizzazione sanitaria, il dipartimento/UO, il titolo dell’audit, il responsabile e la data di redazione.
2. Indice. Da predisporre se il report è > 8-10 pagine.
3. Abstract. Sintetizzare gli elementi fondamentali del report.
4. Background. Descrivere il razionale dell’audit: criteri utilizzati per la selezione delle priorità e per la composizione del gruppo di lavoro, risultati attesi, riferimenti ad audit simili pubblicati in letteratura.
5. Obiettivi. Riportare gli obiettivi a breve, medio e lungo termine del clinical audit.
6. Standard. Riportare strumenti e metodi utilizzati per definire gli standard asssistenziali: ricerca, valutazione e selezione delle linee guida, adattamento e consenso locale, selezione degli indicatori, etc. Indispensabile citare tutte le fonti bibliografiche utilizzate.
7. Metodologia. Riportare i criteri di inclusione dei pazienti, la direzione temporale dell’audit (retrospettiva o prospettica), le tecniche utilizzate per ottenere un campione rappresentativo e casuale di pazienti, le fonti utilizzate (cartelle cliniche, database aziendali, etc.), le modalità di raccolta e i metodi di analisi dei dati.
8. Risultati. Essere sintetici e chiari (ad es. riportare sia i numeri assoluti, sia le percentuali), utilizzare un numero adeguato di grafici, citare i test statistici utilizzati, mantenere un elevato grado di confidenzialità. Nell’audit report, infatti, ciascun professionista/UO/dipartimento/azienda deve poter identificare se stesso, ma non gli altri, per cui è opportuno contrassegnare le diverse “unità di osservazione” con lettere o numeri.
9. Conclusioni. Assicurarsi che siano coerenti con i dati presentati, utilizzando una struttura a punti elenco.
10. Raccomandazioni. Definire un piano realistico di cambiamento, tenendo conto delle caratteristiche strutturali, tecnologiche, organizzative e professionali.
11. Piano delle azioni. Definire ruoli, responsabilità e tempistiche per l’attuazione di step successivi: sviluppo del piano di implementazione, conduzione del ciclo successivo di audit, criteri per modificare gli standard, etc.
12. Bibliografia. Riportarla utilizzando i formati standardizzati per gli articoli scientifici.
13. Appendici. Allegare il form utilizzato per la raccolta dati ed eventuali altri documenti rilevanti.

3. Percezioni dei professionisti

La revisione sistematica di Johnston et coll. (Qual Health Care, 2000) documenta i benefici, gli svantaggi, le barriere e i fattori facilitanti dell’audit clinico percepiti dai professionisti.

Benefici
  • Professionali: miglioramento della comunicazione interprofessionale, aumento delle conoscenze scientifiche, della soddisfazione e dell’entusiasmo degli staff
  • Clinici: miglioramento dell’assistenza al paziente individuale
  • Organizzativi: miglioramento dell’erogazione di servizi e prestazioni sanitarie

Svantaggi
  • Aumento del carico di lavoro e del tempo sottratto all’attività clinica
  • Limitazione della libertà professionale
  • Minacce professionali: obiettivi “nascosti” dell’audit, standardizzazione delle pratica clinica a fini regolatori, “discordia” professionale conseguente al confronto delle performance

Barriere
  • Mancanza di risorse: tempo, staff dedicati, risorse finanziarie e strumenti
  • Limitate conoscenze-esperienze nella pianificazione-conduzione dell’audit e nell’analisi dei dati
  • Mancanza di una strategia di sistema
  • Problemi relazionali: assenza di leadership, dinamiche di gruppo inefficaci, conflittualità tra gli staff professionali, dubbi sulla confidenzialità dei risultati dell’audit
  • Ostacoli organizzativi: differente vision tra manager e professionisti sui vantaggi/svantaggi dell’audit

Fattori facilitanti
  • Integrazione degli indicatori di qualità raccolti con l’audit clinico negli strumenti di valutazione e finanziamento dell’organizzazione
  • Definizione dei criteri per quantificare il successo dell’audit
  • Tecnologie informatiche e strumenti per la raccolta dati: cartelle cliniche elettroniche, database clinici
  • Staff dedicati: coordinatori e facilitatori esperti nelle tecniche di pianificazione, conduzione, analisi e report dell’audit clinico
  • Ore dedicate

Gli Autori concludono che l’audit clinico “aggiunge valore” a qualunque programma di miglioramento della qualità. Tuttavia, per massimizzarne l’efficacia, l’audit clinico deve: rientrare in una strategia di sistema, essere adeguatamente pianificato, condotto e analizzato, tenere conto delle percezioni dei professionisti in merito a barriere e fattori facilitanti.

KEY POINTS

  • Inserire l’audit in un programma strutturato di governo clinico dell’organizzazione
  • Prevedere un coordinatore aziendale, oltre ai responsabili dei singoli audit
  • Organizzare audit multidisciplinari e, idealmente, coinvolgere anche i pazienti
  • Scegliere la prioritĂ  tenendo conto di:frequenza, rischi, costi, disponibilitĂ  di linee guida nazionali o regionali
  • Definire gli standard assistenziali facendo sempre riferimento a linee guida di buona qualitĂ 
  • Identificare le barriere locali e predisporre un adeguato piano di implementazione al cambiamento
  • Considerare le percezioni dei professionisti sui benefici, svantaggi, barriere e fattori facilitanti
  • Ripetere cicli successivi di audit per documentarne l’efficacia sui processi e, se possibile, sugli esiti
  • Fornire ai professionisti un feedback periodico sui risultati dell’audit
  • Attuare specifiche strategie per sostenere il miglioramento