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Definire le prioritĂ  della ricerca coinvolgendo cittadini e pazienti

Il punto di...

Definire le prioritĂ  della ricerca coinvolgendo cittadini e pazienti
Paola Mosconi

Evidence 2014;6(11): e1000094 doi: 10.4470/E1000094

Pubblicato: 25 novembre 2014

Copyright: © 2014 Mosconi. Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di riportare sempre autore e citazione originale.

Considerato che l’agenda della ricerca oggi è dettata in larga parte dagli interessi dell’industria, possiamo affermare che numerosi bisogni dei pazienti non trovano risposte affidabili? Questa affermazione è senz’altro lecita. Diverse esperienze hanno dimostrato che i bisogni dei pazienti non trovano risposte adeguate nell’attuale ricerca clinica. In particolare, i bisogni dei pazienti non sono solo farmacologici: aspetti come la riabilitazione, la qualità della vita, l’intensità delle cure sono particolarmente importanti e non vengono studiati con sufficiente attenzione. Il farmaco è solo uno, non il solo aspetto della cura. Anche le associazioni di cittadini e pazienti interrogate su questo tema confermano che l’agenda della ricerca non tiene conto dei reali bisogni dei pazienti.

Perché il coinvolgimento di cittadini e pazienti è fondamentale nella definizione delle priorità della ricerca? Proprio per quanto sopra affermato, non è più possibile discutere di priorità della ricerca senza coinvolgere sin dall’inizio nella discussione i cittadini/pazienti, o le loro rappresentanze. Tra l’altro, diversi esempi pubblicati in letteratura ci portano ad affermare che le priorità identificate dai clinici molto spesso non coincidono con quelle identificate dai pazienti. La lista delle priorità va disegnata attraverso una attenta analisi dei bisogni, delle domande che rimangono inevase e da una attenta revisione dei risultati degli studi clinici. La letteratura, inoltre, ci insegna che questa è una strada percorribile e fattibile e pertanto non esistono più giustificazioni per non avviare progetti veramente condivisi di messa a punto di priorità.

Quali sono le principali esperienze internazionali e italiane sul coinvolgimento di cittadini e pazienti? La domanda è molto vasta e per rispondere sarebbe necessario un trattato, per cui riporto tre esperienze a titolo di esempio. Il progetto della James Lind Alliance (1) sulle incertezze in medicina che ha raccolto in un database le incertezze affrontate durante il periodo di cura da pazienti e da medici. La loro discussione e valutazione, attraverso un tavolo di collaborazione, porta a definire le priorità dei bisogni dei pazienti. Negli Stati Uniti è stato lanciato da qualche anno il progetto Patients-Centered Outcomes Research Institute (2) (PCORI), mirato a supportare i cittadini nel prendere decisioni informate sull’assistenza sanitaria e a migliorare l’assistenza attraverso produzione e promozione di informazioni basate sulle prove e scevre da conflitti di interesse. Sposando il principio della medicina centrata sul paziente, delle ricerche indirizzate dai bisogni di pazienti e caregiver, il progetto sta sostenendo differenti idee e progetti innovativi. Infine, a livello italiano il progetto PartecipaSalute che - attraverso il suo percorso di formazione per cittadini e pazienti, il suo modello di informazione e le esperienze di metodologia di ricerca come le Consensus conference e le Giurie dei cittadini - ha dimostrato che è possibile creare una vera alleanza strategica tra le parti (3).

Quali possibili criticitĂ  nel processo di coinvolgimento di cittadini e pazienti? È chiaro che il processo di coinvolgimento è lungo, richiede tempo ed investimenti, ma non ci sono criticitĂ  specifiche se lo si interpreta come una ottima opportunitĂ  per la salute del cittadino/paziente e la sanitĂ  pubblica. Tuttavia, va senz’altro detto che un percorso di formazione per i cosiddetti “laici” coinvolti è essenziale se si vuole realmente implementare il coinvolgimento. La formazione dei gruppi che partecipano è fondamentale per creare un linguaggio comune, una piena conoscenza dei meccanismi che regolano la ricerca clinica. Le esperienze fatte dimostrano impatto e fattibilitĂ  (4).

In che modo i comitati etici dovrebbero coinvolgere cittadini e pazienti nella valutazione dei protocolli di ricerca? Innanzitutto nei comitati etici andrebbe creato il giusto clima per coinvolgere maggiormente i componenti laici presenti. Questi infatti si trovano isolati tra professionisti con competenze specifiche nel settore e il loro ruolo è spesso relegato alla revisione del consenso informato. Un primo passo sarebbe quello di coinvolgerli maggiormente. Successivamente, i comitati etici potrebbero sperimentare audizioni con i componenti laici, ad esempio le associazioni dei cittadini e dei pazienti, per capire se i protocolli presentati incontrano realmente l’interesse dei pazienti. Considerati i tempi e la mole di lavoro dei comitati etici, questa strada non risulta facilmente percorribile e necessita di forte impegno e sensibilità da parte dei comitati etici.