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Dichiarazione di trasparenza per gli articoli di ricerca

Editoriale

Dichiarazione di trasparenza per gli articoli di ricerca
Douglas G Altman, David Moher

Evidence 2013;5(8): e1000054 doi: 10.4470/E1000054

Pubblicato: 29 agosto 2013

Copyright: © 2013 Altman. Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di riportare sempre autore e citazione originale.

“Tutti i soggetti coinvolti nella ricerca hanno la responsabilità di garantire che ogni pubblicazione rappresenti accuratamente e in maniera non distorta lo studio realizzato”. (1)

I dati della ricerca vengono spesso manipolati per finalità poco nobili con il rischio di danneggiare i pazienti. Di conseguenza, la comunità scientifica deve impegnarsi a introdurre cambiamenti per garantire che i lettori accedano a informazioni attendibili su tutti gli studi condotti, in particolare sui trial controllati randomizzati – randomized controlled trials (RCTs) – che hanno un ruolo fondamentale per valutare l’efficacia degli interventi sanitari. Infatti, la mancata pubblicazione dei risultati di tutti gli studi, in particolare dei RCTs, distorce in maniera rilevante le evidenze scientifiche su cui basare le decisioni cliniche. Ad esempio, una revisione sistematica sull’efficacia della reboxetina nel trattamento della depressione ha rilevato che circa tre quarti dei pazienti inclusi erano stati arruolati in trial mai pubblicati (2). Inoltre, il 20% di 904 trial che hanno valutato l’efficacia di trattamenti nello stroke ischemico acuto - pubblicati tra il 1955 e il 2008 - non è stato adeguatamente pubblicato; peraltro, alcuni studi “avevano dimensioni tali da influenzare le conclusioni delle revisioni sistematiche e la pratica clinica” (3).

Oltre alla mancata pubblicazione, anche quella incompleta o distorta può avere conseguenze rilevanti, se non addirittura maggiori. Ad esempio, i risultati dei trial pubblicati su riviste peer-review possono differire notevolmente dalla documentazione precedentemente sottomessa alle agenzie regolatorie (4-6), con una distorsione in senso “positivo”. Inoltre, l’outcome primario è spesso differente da quello definito nel protocollo (7,8) o nel registro dei trial (9,10) e il reporting selettivo favorisce risultati statisticamente significativi, generando bias nella letteratura (11,12). Infine, gli autori spesso tendono ad enfatizzare la presentazione e l’interpretazione dei risultati: ad esempio, Boutron et coll hanno dimostrato che questa forma di manipolazione (spin) era comune a 72 report di RCTs con outcome primari statisticamente non significativi (13). Risultati simili sono stati recentemente riportati anche per gli studi di accuratezza diagnostica (14).

Purtroppo, il meccanismo di peer-review non garantisce che gli articoli pubblicati dalle riviste contengano tutti i dettagli clinici e metodologici indispensabili al lettore. Infatti, revisioni sui report di trial pubblicati hanno rilevato frequenti carenze relative ai dettagli degli interventi in studio (15,16), ai criteri di eleggibilità dei partecipanti (17) e agli outcome (18,19). Anche i metodi non sono spesso adeguatamente dettagliati, in particolare per quanto concerne l’allocazione dei partecipanti: ad esempio, Hopewell et coll. hanno rilevato che solo un terzo dei report dei trial riportava le modalità di generazione della sequenza di allocazione e solo un quarto descriveva un metodo adeguato per occultarla (20). Una revisione di 357 trial oncologici di fase III ha concluso che “molti trial continuano a non riportare numerosi item” (21). Anche gli effetti avversi dei trattamenti vengono riportati in maniera inadeguata (22,23).

Per altri tipi di studi i problemi legati alla pubblicazione e al reporting potrebbero essere ancora più gravi di quelli rilevati per i trial. Nonostante il fenomeno sia meno studiato, sono emerse analoghe preoccupazioni per la ricerca epidemiologica (24,25), farmacoepidemiologica (26), diagnostica (27), prognostica (28) e preclinica (29,30). Anche se un adeguato reporting non identifica necessariamente una ricerca di elevata qualità, un report chiaro e completo permette ai lettori di valutare validità, rilevanza e applicabilità dello studio. Desta preoccupazione il fatto che i trial sponsorizzati hanno maggiori probabilità di non essere pubblicati (2,31); tuttavia, quando pubblicati il loro report è più completo (32).

Quali azioni concrete è possibile intraprendere? Gli articoli pubblicati dovrebbero fornire una descrizione chiara e trasparente dei metodi seguiti e dei risultati ottenuti: omettere dettagli rilevanti su metodi e risultati è inaccettabile per le riviste, che dovrebbero pertanto rifiutare la pubblicazione. Anche se per rilevare alcune lacune occorre disporre di informazioni esterne (ad es. da un registro di trial o dal protocollo), altre dovrebbero essere rilevate in quanto contenute nel manoscritto sottomesso alla rivista. Peraltro, nonostante siano disponibili linee guida per il reporting come il CONSORT Statement (33), i miglioramenti tardano a concretizzarsi (34).

Impedendo l’accesso ai risultati dei loro studi, i ricercatori occultano conoscenze e contravvengono alla Dichiarazione di Helsinki. Tralasciando la discutibilità sul piano morale e scientifico, la mancata pubblicazione di tutti i risultati della ricerca costituisce innanzitutto un enorme spreco di risorse già limitate e diminuisce il valore sociale della ricerca (35). Inoltre, quando i risultati vengono pubblicati in maniera distorta o inadeguata i ricercatori e le organizzazioni che finanziano la ricerca ingannano anche i cittadini. Infine, dal punto di vista scientifico, il bias di pubblicazione e il reporting selettivo compromettono la validità delle revisioni sistematiche: infatti, sintetizzare un quadro parziale delle evidenze determina conclusioni distorte e meno precise sull’efficacia e sicurezza degli interventi sanitari e può compromettere anche l’identificazione di quelli più efficaci.

Per porre fine a tutto questo, ecco la nostra proposta che può essere immediatamente attuata: gli autori dovrebbero firmare una dichiarazione di trasparenza (box) come elemento integrante della sottomissione dell’articolo per la pubblicazione su qualunque rivista. La stessa dichiarazione potrebbe essere utilizzata per inviare i report in altre situazioni (es. alle agenzie regolatorie).

Box. Dichiarazione di trasparenza

L’autore principale (garante del manoscritto), dichiara che:

  • questo manoscritto è un resoconto onesto, accurato e trasparente dello studio a cui si riferisce;
  • non è stato omesso alcun aspetto rilevante dello studio;
  • ogni eventuale discrepanza rispetto allo studio pianificato (ed eventualmente registrato) è stata spiegata.

Editori e gruppi editoriali possono supportare questa iniziativa aggiornando le istruzioni per gli autori: in tal modo l’impegno a una pubblicazione completa e trasparente costituisce un requisito del processo di sottomissione dei manoscritti, come già accade per la disclosure sui conflitti di interesse. L’eventuale rivelazione successiva di informazioni nascoste o non corrette proverebbe una cattiva condotta scientifica per la quale potrebbero essere intraprese varie azioni. L’auspicio è che questa iniziativa incentivi gli autori a riflettere più attentamente sulle modalità di stesura dei propri articoli e li incoraggi a verificare l’aderenza alle principali linee guida sul reporting. Il BMJ, per il quale uno di noi (DGA) è editor senior di statistica e il BMJ Open stanno già implementando questa policy. Invitiamo le altre riviste a fare altrettanto, supportando la dichiarazione di trasparenza sul sito dell’EQUATOR Network (www.equator-network.org).

La comunità scientifica e il pubblico meritano che la ricerca sia pubblicata in maniera accurata e completa e questo richiede l’introduzione di cambiamenti. Un impegno diffuso e l’implementazione di una dichiarazione di trasparenza per la pubblicazione è una modalità per ottenere il massimo risultato dalla ricerca clinica. Sfortunatamente questa iniziativa non avrà alcun impatto sulla mancata pubblicazione degli studi, una condotta altrettanto sciagurata.