Home Articoli
Evidence-based practice del rischio infettivo: conoscenze, percezione ed atteggiamenti degli infermieri. Studio osservazionale multicentrico

Ricerca originale

Evidence-based practice del rischio infettivo: conoscenze, percezione ed atteggiamenti degli infermieri. Studio osservazionale multicentrico
Alvisi Sabrina, Bellomo Pamela, Fabbri Elisa, Gambaretto Carlo, Lucaci Oana Alina, Mariani Laura, Patera Fabrizio, Sinisgalli Angela, Sollami Alfonso

Evidence 2020;12(5): e1000209 doi: 10.4470/E1000209

Pubblicato: 28 luglio 2020

Copyright: © 2020 Alvisi et al. Questo è un articolo open-access, distribuito con licenza Creative Commons Attribution, che ne consente l’utilizzo, la distribuzione e la riproduzione su qualsiasi supporto esclusivamente per fini non commerciali, a condizione di riportare sempre autore e citazione originale.

Background
L’incidenza delle infezioni correlate all’assistenza (ICA) rappresenta una criticità emergente nel panorama sanitario internazionale e nazionale. Il tema delle ICA è oggetto di notevole attenzione e di ricerche con l’obiettivo di garantire ai pazienti la sicurezza delle cure e controllare il fenomeno delle infezioni sostenute da microrganismi multi-resistenti agli antibiotici. La formazione base e post-base dei professionisti sanitari non sempre è correlata alle migliori evidenze scientifiche sebbene l’Evidence-based Practice (EBP) rappresenti un punto di riferimento per lo sviluppo curriculare nei settori disciplinari delle professioni sanitarie. Come afferma lo studio multicentrico polacco di validazione del questionario English Evidence-Based Practice Profile Questionnaire (EBP 2Q), l’implementazione di EBP sul posto di lavoro spesso è ostacolata da vari fattori (formativi, culturali, organizzativi) (1), inoltre la letteratura ha messo in evidenza la scarsa propensione al monitoraggio delle competenze di EBP dei professionisti sanitari (2-6).

Ogni anno, nell’Unione Europea circa 3,2 milioni di pazienti si ammalano per infezioni contratte durante la permanenza in strutture ospedaliere. Di questi, circa 37.000 muoiono a causa di conseguenze correlate a tali infezioni. Il rischio infettivo, ossia il rischio per pazienti, visitatori e operatori di contrarre un’infezione occupa un posto particolare in ragione dell’entità del rischio, della complessità dei determinanti e del trend epidemiologico in aumento. Le ICA sono infezioni acquisite nel corso dell’assistenza e possono verificarsi in tutti gli ambiti assistenziali, inclusi ospedali per acuti, day hospital/day surgery, lungodegenze, ambulatori, assistenza domiciliare, strutture residenziali territoriali. Anche lo studio di prevalenza svolto in Piemonte nel 2014 (7) evidenzia differenze tra le residenze assistenziali assistite (RSA) e la continuità assistenziale/dimissione protetta (CA/DP). L’esperienza suggerisce l’esigenza di strutturare protocolli per ogni tipologia di struttura. Analogamente, la complessità della cura dei pazienti con comorbidità infettive ha un impatto sul lavoro quotidiano del personale sanitario e sui costi di gestione (8,9). Il nuovo documento “Economic evaluation of interventions for prevention of hospital acquired infections: a systematic review†(10) mira a supportare i professionisti che si occupano di controllo e prevenzione delle ICA, identificando e sintetizzando le principali valutazioni economiche e di costo-efficacia già esistenti sul tema di strategie di prevenzione, quali igiene delle mani, equipaggiamento, screening, isolamento e disinfezione.

Una varietà di fattori influenza la conformità alle procedure di prevenzione delle infezioni; la qualità della formazione medica/infermieristica di base è la determinante principale, come rilevato da Kelcíkova et coll. (11) nel loro studio dove è stato dimostrato che deficit significativi nella qualità di informazioni relative all’igiene delle mani nei programmi educativi infermieristici di base sono direttamente correlati a livelli insufficienti di applicabilità delle buone pratiche di igiene delle mani da parte degli studenti durante la loro formazione in ambito clinico. Anche uno studio precedente (12) riporta che conoscenza e competenza nelle pratiche igieniche dovrebbero essere fortemente stabilite dall’inizio di entrambe le carriere sia infermieristica che medica. Inoltre, alcuni autori sottolineano la necessità di una continua educazione sul controllo delle infezioni, proponendo tale formazione all’inizio di ogni anno accademico (13). La valutazione delle conoscenze di studenti medici e infermieri svolge un ruolo chiave in qualsiasi processo volto a migliorare l’istituzione di strategie e, di conseguenza, il rispetto delle linee guida associate alla prevenzione delle infezioni. Alcuni studi sostengono che la qualità ed il livello di conoscenze specifiche sul rischio infettivo così come rafforzare il lavoro di squadra condividendo obiettivi e conoscenze possono concorrere alla riduzione delle missed care (14,15).

Il Codice Deontologico degli infermieri tiene in considerazione sia il rischio clinico che la formazione: l’articolo 12 (16) riconosce infatti che l’interazione fra professionisti e l’integrazione interprofessionale sono modalità fondamentali per far fronte ai bisogni dell’assistito, così come l’articolo 3216 dichiara che l’infermiere concorre a promuovere le migliori condizioni di sicurezza dell’assistito e dei familiari e lo sviluppo della cultura dell’imparare dall’errore e partecipa alle iniziative per la gestione del governo clinico.

Le ICA rappresentano un problema assistenziale rilevante, molto frequente sia in pazienti ricoverati in ospedale, che in pazienti ricoverati presso strutture residenziali territoriali e in assistenza domiciliare (17).

Il trend epidemiologico delle ICA è attribuibile a diversi fattori: un aumento della proporzione di pazienti immunocompromessi o comunque fragili; l’accentuata complessità assistenziale; l’aumento delle infezioni sostenute da microrganismi resistenti agli antibiotici, per effetto della pressione antibiotica e della trasmissione di microrganismi in ambito assistenziale; gli spostamenti frequenti dei pazienti nella rete dei servizi (17).

Non tutte le ICA sono prevenibili, perché in alcuni casi l’infezione è solo temporalmente associata all’episodio assistenziale, senza essere imputabile ad alcun fattore modificabile: i microrganismi fanno parte della flora endogena del paziente e l’insorgenza dell’infezione è attribuibile alle particolari condizioni cliniche dell’ospite.

Studi recenti hanno tuttavia dimostrato come la quota prevenibile sia molto più ampia di quanto stimato fino a poco tempo fa; alcuni autori hanno addirittura ipotizzato la necessità di considerare ogni singola infezione come un evento avverso non più tollerabile e di mettere in atto misure per la prevenzione di tutte le infezioni (cd. “zero toleranceâ€) (17).

Obiettivi
Lo studio mira ad indagare la percezione dei professionisti sanitari in relazione all’Evidence-based Practice (EBP) ed infezioni correlate all’assistenza nelle UU.OO. di Chirurgia Generale e Medicina Interna delle Aziende coinvolte nello studio. Nello specifico lo studio mira ad indagare qual è la percezione e l’atteggiamento dei professionisti sanitari rispetto alle EBP correlate alle ICA e in quale misura sono influenzati da età anagrafica, anzianità di servizio, U.O. di appartenenza, livello formativo specifico. Lo studio mira inoltre ad identificare eventuali differenze di comportamento tra i vari operatori sanitari in relazione ai setting operativi indagati (Medicina vs Chirurgia).

Metodi
È stato realizzato uno studio esplorativo di tipo quantitativo multicentrico attraverso la somministrazione volontaria di un questionario a infermieri di reparti di Medicina Interna e Chirurgia Generale di alcune Aziende del Nord Italia. La ricerca è stata effettuata da ottobre a dicembre 2018, dopo aver ottenuto il nulla osta delle Direzioni delle Aziende coinvolte.

Per la valutazione dell’atteggiamento sono stati utilizzati n° 40/80 item di un questionario validato (18). I partecipanti hanno assegnato ad ogni item uno score da 1 a 5 su una scala tipo Likert (dove 1 = fortemente in disaccordo e 5= fortemente in accordo).

Per valutare la validità della scala utilizzata è stata effettuata un’analisi fattoriale esplorativa delle componenti principali (autovalori>1) e rotazione Varimax sull’intero campione. L’analisi ha mostrato buoni indici di fattoriali (KMO = 0,877; Sfericità di Bartlet χ2(780)=5.026,495; p=0,000).

Contrariamente al modello proposto della scala originale l’analisi fattoriale, spiegando il 63% della varianza, riconosce 7 fattori. La tabella 1 riporta tali fattori e i rispettivi coefficienti di affidabilità.

Per la valutazione della percezione sono stati utilizzati n. 11 item derivati da linee guida internazionali (18-20).

I partecipanti hanno assegnato ad ogni item uno score da 1 a 5 su una scala tipo Likert (dove 1=mai e 5=sempre).

Al questionario sono state aggiunte le variabili anagrafiche: età, anzianità di servizio, anzianità di servizio nell’attuale U.O., tipo formazione base, eventuale formazione post-base specifica (master/corsi di formazione).

Risultati
Sono stati somministrati 797 questionari in 10 ospedali italiani del Centro-Nord; ne sono stati restituiti 375, con un tasso di risposta del 47%. Tale dato è in linea rispetto alla letteratura di riferimento.

La media dell’anzianità di lavoro e la media di anzianità di servizio nella stessa U.O. è maggiore nelle aree chirurgiche rispetto a quelle mediche: questa differenza risulta statisticamente significativa, come evidenziato dall’analisi ANOVA (tabella 2).

La tabella 3 riporta la distribuzione del campione distribuito rispetto al genere.

Valutando la distribuzione per titolo di studio base (tabella 4) emerge la predominanza della laurea triennale sia in ambito chirurgico che medico. Rispetto al titolo di studio post-base, il 17,6% del campione (n=66) è in possesso di un Master di I livello, mentre il 2,4% (n=9) del campione è in possesso della Laurea Magistrale.

Dai dati analizzati (tabella 5) emerge che nelle aree chirurgiche i professionisti esprimono un atteggiamento maggiormente favorevole all’esperienza rispetto ai professionisti delle aree mediche (F(1,357)=4,608; p<0,05; η2= 0,612). Rispetto al fattore “risorseâ€, i rispondenti delle aree chirurgiche sembrano mostrare maggior attenzione (F(1,357)=7,993; p<0,05; η2= 0,435).

Viceversa il fattore “leadership†mostra una media più elevata tra i rispondenti delle aree mediche rispetto a quelli delle aree chirurgiche (F(1,357)=6,931; p<0,05; η2= 0,790). Le altre differenze delle medie non risultano statisticamente significative.

La seconda parte del questionario attraverso 11 item mira a valutare la percezione derivate dalle linee guida internazionali (19-21). La tabella 6 evidenzia i valori medi misurati per ognuno di essi suddivisi per area. I primi due item, hanno una valenza negativa, pertanto ipotesi iniziale era quella di ritrovarsi medie di valore basso.

Come si evince dalla tabella tali valori sono in realtà superiori al valore medio della scala.

I professionisti delle aree chirurgiche mostrano una percezione più alta rispetto al primo item (4,24 vs 3,69) (F(1,367)=11,724; p<0,05; η2= 2,240), mentre il valore del secondo item è pressoché identico sia per i professionisti di area medica che chirurgica.

Gli altri 9 item hanno invece una valenza positiva, quindi la nostra ipotesi era di avere dei valori elevati. Effettivamente ad eccezione del terzo e dell’ottavo item vi è mediamente una risposta superiore al valore medio di 4,0.

Nello specifico si evidenzia come per l’item 3 “Il lavaggio antisettico delle mani degli operatori dura dai 40 -60 secondi†vi è una percezione maggiore nei rispondenti di area medica (m=3,89) rispetto a quelli di area chirurgica (m=3,65) (F(1,368)=4,211; p<0,05; η2= 1,267).

La differenza tra le medie misurate è statisticamente significativa anche per il settimo item (“Viene effettuata la tricotomia solo se necessario con clipperâ€), dove la media più alta è invece misurata nelle UUOO chirurgiche (m=4,34) rispetto a quello delle UUOO mediche (m=3,75) (F(1,366)=19,451; p<0,01; η2= 1,568).

La tabella evidenzia inoltre come per l’item 9 “La medicazione della ferita chirurgica non viene scoperta per le prime 48 ore se non è sporca†le misure indicano una percezione maggiore dei rispondenti in chirurgia (m=4,28) rispetto a quello misurato per la medicina (m=4,04) (F(1,361)=4,087; p<0,05; η2= 1,248).

Anche per l’item 11 “Vi è un sistema di sorveglianza dei siti chirurgici, con raccolte e archiviazione dei dati†la misura media rilevata per le chirurgie (m=4,22) è più alta rispetto a quella rilevata nelle medicine (m=3,51). Anche per questo item la differenza è significativa (F(1,354)=28,421; p<0,01; η2= 1,540).

Queste differenze potrebbero essere riconducibili alla specificità degli item riportati di attinenza prettamente chirurgica. Le differenze delle altre medie non sono significative.

La tabella 7 evidenzia i valori medi dei fattori della scala per l’atteggiamento rispetto al titolo di base. I rispondenti in possesso di laurea mostrano un atteggiamento più favorevole rispetto al fattore importanza (m=4,21) rispetto a chi è in possesso del diploma regionale (m=3,96) (F(2,341)=5,474; p<0,05; η2= 2,702), mentre per il fattore leadership sembrerebbe che ci sia un atteggiamento più favorevole da parte dei diplomati (m=3,54) rispetto ai laureati (m=3,26) (F(2,341)=3,904; p<0,05; η2= 3,074).

La tabella 8 mette in evidenza come il 26% degli intervistati ha frequentato un solo corso di formazione specifico per ICA negli ultimi sei mesi.

Infine, si è effettuata una correlazione tra i valori dei fattori della scala dell’atteggiamento e le altre variabili continue (tabella 9).

La tabella mostra la correlazione positiva tra diversi fattori. Interessante però mettere in evidenza come i fattori della contestualizzazione e del supporto e condivisione siano correlati negativamente con il fattore risorse. Questo dato suggerirebbe che per i rispondenti la carenza di risorse implicherebbe una più attenta valutazione dell’applicazione delle evidenze e una più attenta condivisione dell’informazione in relazione al venir meno delle risorse disponibili. Inoltre tra i rispondenti con età/anzianità di servizio maggiore vi sia una maggiore attenzione al fattore leadership.

Discussione
I risultati sembrano dimostrare che gli intervistati riconoscono l’EBP come elemento fondamentale per la pratica clinica, con alcuni distinguo rispetto al setting assistenziale; inoltre suggeriscono che i rispondenti/professionisti delle aree chirurgiche diano maggiore attenzione “all’esperienza†maturata e alle “risorse†disponibili per poter attuare l’EBP a differenza dei rispondenti/professionisti delle aree mediche che esprimono un’attenzione maggiore nell’esigenza di avere una leadership indirizzata all’EBP.

Emerge una differenza anche se si considera il titolo professionale di base: chi è in possesso della Laurea ha un atteggiamento favorevole rispetto all’importanza dell’EBP, mentre chi è in possesso del diploma regionale esprime il bisogno di avere una leadership forte rispetto all’EBP.

Il campione intervistato dichiara di aver partecipato a corsi di aggiornamento specifici, ma è anomalo il dato che per alcuni item vi sia un’erronea percezione delle procedure (item 1 e 2 scala percezione).

Per quanto riguarda la formazione sulle ICA la maggior parte del campione ha partecipato ad un aggiornamento sulla tematica, mentre il dato si riduce all’aumentare dei corsi frequentati. Inoltre sono state rilevate differenze significative sulla formazione: il personale dell’area medica si forma maggiormente sull’argomento specifico rispetto al personale dell’area chirurgica. Da evidenziare come nessuno degli item legati alle ICA correli con le variabili età, anzianità di servizio, anzianità di UO. In ultimo risulta evidente che vi è una percezione di non esecuzione delle best practice legate al lavaggio delle mani.

Dai dati riguardanti l’anzianità di servizio e di assegnazione di UO si può notare un turnover elevato nelle medicine rispetto alle chirurgie.

Per quanto riguarda la percezione dell’esecuzione delle best practice correlate alle ICA, all’item 1 si nota che nelle chirurgie vi è una minor conoscenza dell’argomento rispetto alle medicine. Al contrario, per quanto riguarda l’item 3 riguardante il tempo del di lavaggio antisettico delle mani, le UUOO di medicina sembrano aderire di più all’EBP rispetto ai setting chirurgici. Questo può essere motivato da una formazione non efficace nei corsi di aggiornamento sulle ICA, ai quali partecipa di più il personale delle medicine rispetto a quello delle chirurgie.

Negli item 7,9,11 che riguardano il contesto chirurgico, la percezione comportamentale risulta prettamente in linea con le evidenze scientifiche rispetto alle medicine.

Si evince una maggior sensibilità sull’importanza della ricerca scientifica nei professionisti che sono in possesso di laurea, rispetto al diploma regionale e universitario, presumibilmente per un programma accademico di studio maggiormente incentrato sulla ricerca e sulle evidenze rispetto ai precedenti piani di studio.

Chi è in possesso di diploma regionale e universitario riconosce maggiormente l’importanza della leadership sull’uso dell’EBP rispetto ai professionisti laureati probabilmente in ragione di una carenza formativa in tal senso.

Limiti
Lo studio è stato condotto per un periodo limitato (ottobre-dicembre 2018). In mancanza di uno strumento validato per poter misurare correlazione tra EBP e prevenzione del rischio infettivo è stato costruito strumento specifico adattando un questionario australiano validato sulla misurazione dell’EBP integrato con quesiti specifici sul rischio infettivo.

Conclusioni
Alcuni studi sulle percezioni degli infermieri mostrano che una generale propensione all’EBP e una importante considerazione di una migliore assistenza al paziente (22). Tuttavia, è un dato di fatto che il ritmo di accettazione e implementazione dell’EBP è piuttosto lento (23). Diversi studi precedenti hanno identificato come possibili ostacoli all’ EBP l’enorme mole di letteratura biomedica, pubblicata in una varietà di fonti, che rende quasi impossibile per i professionisti di tenersi aggiornati (24).

I risultati del nostro studio sembrano confermare quanto già affermato altrove (25), ovvero che infermieri e altri professionisti sanitari devono implementare le conoscenze di EBP nel rispetto del giudizio clinico, considerando i valori del paziente e le risorse del sistema.

Tutte le strategie efficaci per prevenire le ICA richiedono un approccio multidimensionale evidence-based per fornire ai professionisti le migliori evidenze per una pratica clinicamente efficace e sostenerli a comprendere e utilizzare queste prove al fine di ridurre al minimo i rischi di infezione e aumentare la sicurezza del paziente.

Alla luce dei dati emersi si è evidenziato una carenza formativa sulle ICA, per esempio sul lavaggio delle mani (vedi item 1 e 2): questo deve far aumentare la sensibilità delle aziende sanitarie non solo alla formazione specifica sull’argomento, ma anche verso un uso continuo delle evidenze come elemento di decision making nel team sanitario. Occorre favorire sia la formazione frontale che di laboratorio didattico, così come favorire l’accesso a banche dati e consultazione di riviste scientifiche.

Sarà necessario inoltre avviare la validazione dello strumento utilizzato in questo studio.